Phishing, vishing e smishing: le nuove frontiere delle frodi nei nuovi sistemi di pagamento. Profili civilistici.
di Claudio Di Cara
Premesse terminologiche e inquadramento normativo. Comâè evidente, almeno a partire dallâultimo decennio, si sono esponenzialmente moltiplicati i âmetodi di pagamentoâ alternativi. Dallâhome banking, alle carte di credito contactless, o, da ultimo i pagamenti effettuati mediante dispositivi wearable (smart watch e similari).
Tale processo evolutivo, evidentemente, non poteva lasciare indifferenti coloro i quali tentano, con tecniche piĂš o meno affinate, di mettere le mani in tasca nei nostri portafogli fisici, o digitali, che siano.

Sin dai primi anni 2000 si è assistito allâormai noto fenomeno del phishing: esso, per lo piĂš, effettuato a mezzo mail, induce il destinatario a cliccare su link âinvogliantiâ (i.e. fantasmagorici premi della lotteria non riscossi o offerte dâinvestimento dai tassi di interesse a triple cifre), estrapolando, cosĂŹ, attraverso unâinconsapevole collaborazione (piĂš o meno attiva) dellâutente, i suoi dati sensibili o, peggio, estremi di conto corrente, codici di sicurezza, password o OTP.
Tale tecnica, per lo piĂš riconoscibile da evidenti errori di ortografia nel testo o nellâoggetto di tali messaggi, o dallâindirizzo o dal dominio del destinatario, è andata, però, sempre piĂš affinandosi. Infatti, non di rado, tentativi di phishing sono corredati dallâimpostazione grafica del sito istituzionale di un istituto bancario o, comunque, di un interlocutore istituzionale, almeno apparentemente riconosciuto come affidabile.
Ebbene, negli ultimissimi anni il âperfezionamentoâ della tecnica del phishing è stata accompagnata dallâemergere di ulteriori fenomeni di gran lunga piĂš subdoli, quello dello smishing e del vishing.
Con tali termini sono stati rispettivamente indicati i tentativi di truffa posti in essere mediante sms, o chiamate vocali, rivolte a correntisti o risparmiatori non professionali. Infatti, spesso e volentieri i truffatori riescono a spacciarsi per un intermediario finanziario (o prestatore di servizi di pagamento) â magari anche riuscendo a far identificare lâutenza telefonica mittente (cd. SMS âspoofedâ) con quella di un istituto creditizio â al fine di indurre in errore il malcapitato e di ottenere da questâultimo password o informazioni sensibili utili ad appropriarsi del controllo del suo conto corrente e di operare velocemente (se non contestualmente) disposizioni in proprio favore.
E però, fatti salvi i profili penalistici, a favore dei consumatori interviene la disposizione di cui allâart. 10 D. lgs. 11/2010.
Infatti, la norma in commento prevede che ÂŤqualora lâutente di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato unâoperazione di pagamento giĂ eseguita o sostenga che questa non sia stata correttamente eseguita è onere del prestatore di servizi di pagamento provare che lâoperazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenientiÂť. Prosegue, poi, il comma secondo della prefata disposizione ÂŤquando lâutente di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato unâoperazione di pagamento eseguita, lâutilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento [âŚ] non è di per sĂŠ necessariamente sufficiente a dimostrare che lâoperazione sia stata autorizzata dallâutente medesimo, nĂŠ che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o piĂš degli obblighi di cui allâarticolo 7. Ă onere del prestatore di servizi di pagamento [âŚ], fornire la prova della frode, del dolo o della colpa grave dell'utenteÂť.
Invero, ancor meglio si comprende la prefata disposizione alla luce del combinato disposto dellâart. 1218 c.c. e degli art. 10 ss. del medesimo Decreto, il quale configura sostanzialmente un obbligo di rimborso (per lo meno provvisorio ai sensi dellâart. 11) del prestatore dei servizi di pagamento in favore dellâutilizzatore frodato.
In particolare, verrebbe sanzionato lâinadempimento del prestatore di servizi, il quale ha omesso di predisporre adeguati sistemi di sicurezza ed informativi, tali da impedire lâincolpevole induzione in errore dellâutilizzatore e/o lâintrusione di terzi nei sistemi telematici dellâintermediario finanziario.

In applicazione di tali argomentazioni, per lâutilizzatore di servizi di pagamento, vittima di una frode, attraverso la quale gli è stato sottratto denaro dal proprio conto corrente o, comunque, dal proprio portafoglio elettronico, sarĂ sufficiente provare lâesistenza di un rapporto contrattuale con lâintermediario e rilevare lâinadempimento del prestatore di servizi nella predisposizione di adeguati ed efficaci sistemi di sicurezza.
Lâintermediario, dâaltro canto, potrĂ fornire prova liberatoria del dolo o della colpa grave dellâutilizzatore per negligente custodia delle credenziali di accesso, che, anche inconsapevolmente, ma con colpa grave, abbia agevolato lâintrusione di terzi nel proprio âportafoglioâ, ad esempio fornendo password o OTP, o smarrendo il proprio âtokenâ.
Ad ulteriore chiarimento dellâonere probatorio si segnala il comma 1-bis del citato art. 10[1].
Tali principi risultano avvalorati sia dalla giurisprudenza di legittimitĂ che dalle decisioni dellâArbitro Bancario Finanziario, organo arbitrale istituito dalla Banca dâItalia, competente per la risoluzione stragiudiziale di controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari[2].
Tra le altre, degna di esser menzionata è certamente la decisione n. 22745 del 10 ottobre 2019 del Collegio di Coordinamento (identificabile come le Sezioni Unite dellâABF). In quella sede, gli arbitri, richiamando il comma II del citato art. 10, hanno enunciato il seguente principio: ÂŤin ordine allâonere posto a carico del PSP della prova della frode, del dolo o della colpa grave dellâutilizzatore, va interpretato nel senso che la produzione documentale volta a provare âlâautenticazioneâ e la formale regolaritĂ dellâoperazione contestata non soddisfa, di per sĂŠ, lâonere probatorio, essendo necessario che lâintermediario provveda specificamente a indicare una serie di elementi di fatto che caratterizzano le modalitĂ esecutive dellâoperazione dai quali possa trarsi la prova, in via presuntiva, della colpa grave dellâutenteÂť.
Infatti, andrĂ concretamente accertato, anche presuntivamente, attraverso log informatici (generalmente prodotti dal prestatore di servizi) se lâutilizzatore abbia, seppur inconsapevolmente, collaborato colpevolmente allâappropriazione dei propri dati di accesso o di autorizzazione di disposizioni sul proprio conto/wallet e non la validitĂ meramente formale dellâoperazione contestata.
Onere probatorio. Come giĂ anticipato, in caso di frode, lâutilizzatore potrĂ ben limitarsi a provare il rapporto presupposto tra lo stesso e lâintermediario finanziario (o prestatore di servizi di pagamento), allegando la condotta fraudolenta subita e i deficit di sicurezza (ma anche informativi) ai metodi di pagamento dellâistituto finanziario.
Dâaltra parte, anche in ossequio al principio di vicinanza della prova, oltre a dover fornire prova del corretto funzionamento dei propri sistemi, della corretta autenticazione e contabilizzazione, per essere esonerato dal risarcimento del danno allâutilizzatore, il prestatore di servizi di pagamento dovrĂ provare, anche per presunzioni, il dolo o la colpa grave dellâutente nellâutilizzo degli strumenti di pagamento.
Ad esempio, tramite i log informatici potrĂ rilevare lâinvio di alert ai dispositivi personali circa il rischio dellâoperazione successivamente disconosciuta, o che essa sia stata concretamente autorizzata da dispositivi effettivamente nella disponibilitĂ dellâutente, o che questâultimo abbia colpevolmente favorito lâintrusione di terzi, mediante lâinvio ai truffatori di OTP o password.
Condotte preventive. Appare doveroso enumerare, a titolo meramente esemplificativo, alcune accortezze utili per evitare spiacevoli inconvenienti nellâutilizzo di strumenti di pagamento telematici e/o servizi di home banking, cosĂŹ come ritenute rilevanti dalla previamente citata giurisprudenza dellâABF e della Cassazione, al fine da esentare il correntista o, comunque, lâutente frodato da ogni responsabilitĂ .
- Effettuare operazioni di home banking o disposizioni di pagamento esclusivamente da connessioni private.
- Verificare che i siti sui quali si opera siano muniti del protocollo âhttpsâ (lucchetto sulla barra degli indirizzi del browser).
- Non rispondere a e-mail o sms che minaccino il blocco del conto o della carta o del proprio dispositivo, se non si interverrĂ entro un determinato lasso di tempo. Ignorare, o segnalare come spam comunicazioni presuntivamente inviate dal proprio intermediario finanziario con errori ortografici o grafica difforme da quella consueta. In caso di dubbi, contattare tramite i recapiti istituzionali (ricercandoli autonomamente) il proprio fornitore di servizi di pagamento.
- Non fornire per alcuna ragione password o OTP a presunti operatori dellâistituto finanziario, i quali non sono in nessun caso autorizzati a richiederli.
- In caso di anomala ricezione di un OTP, accertarsi che negli istanti precedenti sia stata richiesta una modifica al proprio profilo personale, o una disposizione di pagamento. Al minimo sospetto non inserire il detto codice (o la password), considerato che sarĂ sempre possibile, quandâanche ne scadesse la validitĂ , ripetere la transazione ex novo. In caso di dubbi, contattare tramite i recapiti istituzionali il proprio fornitore di servizi di pagamento.
Rimedi. Ă opportuno, a questo punto, sintetizzare gli strumenti idonei ad ottenere il risarcimento dellâoperazione non autorizzata, nel malaugurato caso di frode andata âa buon fineâ.
- Immediato disconoscimento dellâoperazione al proprio intermediario finanziario e successiva denuncia presso le FF. OO.
- Richiesta di rimborso al prestatore di servizi di pagamento dellâoperazione contestata, ai sensi dellâart. 11 del citato D. lgs. 11/2010.
- In caso di rigetto, o successiva sospensione del rimborso, o richiesta di restituzione del rimborso preventivamente concesso dallâintermediario, previo invio di un reclamo, proposizione di ricorso dinnanzi allâABF.
- In caso di mancato accoglimento della domanda, sarĂ , comunque, possibile riproporre la questione dinnanzi al giudice ordinario.
Riferimenti Giurisprudenziali. ABF, Coll. Coord., 10 ottobre 2019, n. 22745; Cass. Civ., I sez., 3 febbraio 2017, n. 2950; ABF, Coll. Torino, 25 marzo 2020, n. 5647; ABF, Coll. Bologna, 24 marzo 2020, n. 5450.
[1] Art. 10, c. 1-bis, D. lgs. 11/2010: Se l'operazione di pagamento è disposta mediante un prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, questi ha l'onere di provare che, nell'ambito delle proprie competenze, l'operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti connessi al servizio di disposizione di ordine di pagamento prestato.
[2] Restano escluse le controversie di valore superiore a ⏠100.000,00.
